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Revolver (1973)  
Musiche
Ennio Morricone
Con
Oliver Reed
(Doppiato da Pino Locchi)
Vito Cipriani

Fabio Testi
(Doppiato da Pino Colizzi)
Milo Ruiz

Paola Pitagora
Carlotta

Agostina Belli
(Doppiato da Vittoria Febbi)
Anna Cipriani

Frederick De Pasquale
(Doppiato da Nando Gazzolo)
Michel Granier

Marc Mazza
(Doppiato da Gianfranco Bellini)
Commissario di polizia

Reinard Kolldehoff
(Doppiato da Ennio Balbo)
Avvocato francese

Bernard Giraudeau
Daniel

Peter Berling
(Doppiato da Ferruccio Amendola)
Il "Grappa"

Gunnar Warner


Daniel Beretta
(Doppiato da Massimo Turci)
Al Niko

Calisto Calisti
Maresciallo Fantuzzi

Steffen Zacharias
Joe Le Corse

Michel Bardinet


Sal Borgese
Detenuto che minaccia di uccidersi

Giovanni Pallavicino
Picciotto siciliano

Giacomo De Michelis
Picciotto siciliano

Amato Garbini
Tipografo

Carla Mancini
(solo credito)

Orazio Stracuzzi
(solo credito)

Marco Mariani
Carlo De Gregori, compagno di cella di Milo Ruiz

Jean De Grave
Ingegner Harmakolas

Franco Moraldi
Giudice francese

Ottavio Fanfani


Gianni Bortolotti
Medico del carcere

Vittorio Pinelli
Uomo siciliano alla stazione che offre lavoro (*)

Filippo Laneve
Cappellano del carcere (*)

Ilona Staller
Ragazza con "il Grappa" (*)

Dante Trazzi
Paramedico per strada (*)

Non identificato
Poliziotto (*)

Non identificato
Poliziotto (*)

(*) non accreditato




"Il regista cerca di sconcertare i “giallisti”, che devono essere numerosi in platea, con l’affollamento dei temi. Succede che nel tentativo di imbrigliare le piste Sergio Sollima finisce per perdere il filo d’Arianna che doveva condurlo indenne alla meta. [...] Sergio Sollima ha intelligenza, mestiere e un certo gusto per le atmosfere. Sarebbe stato più accorto se avesse lasciato perdere l’esagitato Oliver Reed dopo il primo quarto d’ora, come fece Hitchcock in “Psyco” con la soave Janet Leigh. Il male è che Oliver Reed, d’altronde bravo anche se trucibaldo interprete, tien duro fino alla fine nel tentativo di offrirci un melodramma alla Eugène Sue immesso con violenza nell’età contemporanea. [...] Accanto all’impetuoso Oliver Reed un buon Fabio Testi e la fresca Agostina Belli. Buono anche Federico De Pasquale. Paola Pitagora è al di sotto della sua media abituale. Un po’ di nudo per dare pimento ai maccheroni malconditi. [...]"
Pietro Bianchi - Il Giorno - 28/09/1973

"[...] Girato con una certa asciuttezza e ambientato fra Italia e Francia con discreta attendibilità, a “Revolver” nuoce proprio l’ambizione di voler essere qualcosa di diverso da un film d’avventura, non essendo sufficiente il pretestuoso risvolto “politico” per costruire un discorso su una certa realtà sociale. Oliver Reed è fin troppo incisivo nei panni del duro costretto a piegarsi alle regole del potere. Fabio Testi un credibile delinquente da dozzina dal fondo malleabile."
Au.Sa. (Aurora Santuari) - Paese Sera - 26/05/1974


Quando nel 1973 l’Italia versava in uno stato di guerriglia urbana perpetua, i registi nostrani si impegnavano a raccontare la situazione sociale che stavano vivendo filtrando con l’occhio mentore della cinepresa una realtà nient’affatto scontata, nient’affatto risolvibile da superuomini ligi e devoti ad una giustizia assai distante dalle coscienze dei cittadini. Revolver è una di quelle pellicole invero più originali; si respira sin dall’inizio la voglia da parte del regista di sviluppare un soggetto, peraltro scritto a quattro mani dall’affiatato duo De Rita - Maiuri, senza sconsiderate temerarietà da instant-movie o pretese di denunce politico-sociali così apprezzate, o forse di moda in quegli anni grigi di una storia tutta italiana, tra immobilismo istituzionale, plancton vitale per la Balena Bianca, per dorotei e andreottiani, e fervore sociale nelle cui vene scorreva il sangue di movimenti studenteschi, femministi, omosessuali e radicali. Sergio Sollima non ha la presunzione di raccontare l’Italia che vive, spesso accade invece il contrario. Oliver Reed e Fabio Testi funzionano, riescono ad imprimere ritmo e spessore ai loro personaggi: mentre l’attore inglese impersona Vito Cipriani, un tenace vicedirettore di un carcere milanese, Fabio Testi incarna Ruiz, un detenuto voluto libero dalla malavita organizzata. Starlette di turno è Agostina Belli, bella e bambina, ingenua e aggraziata, assolutamente identica a mille altre interpretazioni di mille altre ragazzine che si alternavano nei vari prodotti polizieschi dell’epoca. Morricone segue attento gli stati d’animo dei protagonisti, sa dove calcare la mano e quando smorzare invece l’esuberanza delle sue dita sotto il peso dall’aria, non sbaglia mai il compositore tricolore, sempre preciso, mai una sbavatura, si inerpica gentile su rovi spinosi per scivolare poi da una cascata in piena, appoggiato su acque rumorose come grida di bambini. Cipriani deve combattere contro tutti, non può avere nessun alleato, l’amicizia di Ruiz è moneta di scambio, il riabbraccio della moglie il risveglio di una coscienza che ha sbracciato energicamente per farsi strada tra i muri e i labirinti delle sue paure, dove nemmeno il sottile filo di Arianna avrebbe potuto qualcosa.



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