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Un uomo una città (1974)  




"Anche Leonardo sbagliò la pasta di un affresco […], figuriamoci Romolo Guerrieri, onesto artigiano, alle prese con un tema tanto impegnativo come quello di una realtà sociale ed economica ribollente, la Torino dei nostri anni. Così se viene bene, sullo schermo, la figura del commisario, affidata ad un sobrio Enrico Maria Salerno, la città, sussultante sotto la violenza che le nasce nel ventre, non esiste. E l’affresco finisce per somigliare, anche nel colore, alle tavole di un Beltrame, passato al Grand Guignol. […] C’è anche un torinese, Gipo Frassino, nei panni di un maresciallo meridionale. Mah ! "
C.R. - Il Giorno - 19/09/1974

"Perché il film è ambientato ai piedi della Mole e parla con la cadenza di Gianduia e molti “neh”, attenti alle comparse: è facile che vi riconosciate qualcuno. […] Siamo in un luogo astrattamente cinematografico, dove gli spaccati della delinquenza e i problemi della polizia tradiscono il cliché. Derivato alla libera dal “Commissario di Torino” di Marcato e Novelli, il film narra la stanchezza, la nausea e infine la rinuncia all’ufficio del dottor Michele, capo della “Mobile” […]. Dentro i suoi ristretti confini, questo film sulla “Torino bollente” che non riusciamo a sentire sotto i piedi, potrà essere un po’ balordo, ma non è mogio, non annoia. Provvedono alla bisogna battute tra pepate e scurrili, molte macchiette tra le quali il “giornalista scettico” di Salce e quella di Tino Scotti, un operaio in pensione che per avere troppo tempo lavorato alla catena di montaggio è tutto del Padrone e s’illude di vederne l’elicottero come Eliseo il carro d’Elia, risvolti gialli in tensione e altri pregi commerciali. Infine la Fabian e la Quattrini irradiano di loro presenza il parrucchino d’un corrucciato, spesso astratto ma sempre dignitoso Salerno. "
L.P. (Leo Pestelli) - La Stampa - 01/11/1974



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